....IN FASE DI COMPLETAMENTO....
IL DIRITTO AL TEMPO DEL COVID
( APPROFONDIMENTI INTERDISCIPLINARI)
“Studio FPS” del 3.4.2020
“Tentativo e dolo eventuale”
Relatore: Avv. Nicola Fabio De Feo
Interviene:
Avv. Claudia Lavalle
Schema riassuntivo dei profili generali
trattati:
TENTATIVO - ART. 56 C.P.
Ratio della norma: assolve la funzione di punire chi volontariamente compie atti prodromici alla commissione di un delitto.
La condotta, però, non giunge alla consumazione a causa di fattori esterni alla volontà del soggetto, quindi, resta incompiuta.
Problema: ma perché il delitto tentato è punito
nonostante il reo non sia riuscito nel suo intento?
Per la sua risoluzione, ci sono 3 diversi
orientamenti:
- orientamento
soggettivistico
il fondamento della punibilità va cercato nella pericolosità del soggetto
- orientamento
oggettivistico
la punibilità del soggetto è legata alla
messa in pericolo del bene giuridico protetto dalla norma;
- orientamento "intermedio"
il tentativo è punibile per
l'allarme sociale che suscita la condotta del reo.
Individuazione del momento in cui comincia il tentativo: un codice autoritario e repressivo considera tentativo la semplice preparazione del reato, un codice più garantista richiederà aspetti esterni, più vicini al risultato finale.
Nel nostro sistema
risponde di delitto tentato "chi compie atti idonei, diretti in modo non
equivoco a commettere un delitto".
L'individuazione del tentativo
si incentra su due concetti:
- idonietà degli atti;
- non equivocità degli atti;
Idonietà degli atti: va valutata dal giudice con il criterio della "prognosi postuma", ossia in concreto ed ex ante.
Il giudizio di idoneità riguarda
l'atto e non il mezzo e va ricondotto al momento della commissione dell'ultimo
atto che ha caratterizzato la condotta.
L'idoneità va letta in senso
oggettivo,infatti, la dottrina penalistica ritiene idonei quegli atti
potenzialmente offensivi che non si verificano a causa di fattori esterni e non
per volontà del reo.
Univocità degli atti : il
giudizio di non equivocità si riferisce a tutti gli atti riconducibili al disegno
criminoso e non all'ultimo posto in essere.
A tal riguardo vi sono tre
teorie:
- teoria oggettiva: gli
atti sono univoci quando sono oggettivamente tali da provocare quel determinato
evento;
- teoria soggettiva:
gli atti sono univoci quando in sede processuale è raggiunta la prova del
proposito criminoso;
- teoria intermedia: l’atto sarà univoco quando è idoneo a provocare l'evento
e, quando è raggiunta la prova dell'evento criminoso.
Necessità del dolo: il reato
tentato è punibile solo a titolo di dolo e non di colpa.
C’è compatibilità tra dolo
eventuale e tentativo? secondo alcuni, la risposta deve essere negativa, poiché
non vi è differenza tra i vari tipi di dolo in relazione ai vari tipi di reato.
La dottrina prevalente non
condivide tale assunto.
Invero,se la condotta deve
essere univoca, quando c'è il dolo eventuale la condotta non è tale, quindi,
come affermato dalla prevalente giurisprudenza, l'ipotesi del tentativo non è
compatibile con tale forma di dolo; diversamente lo sarebbe con quella
particolare forma di dolo diretto che è il dolo alternativo.
Il “neo” dolo c.d.
“indeterminato (è il dolo che assiste il soggetto che vuole alternativamente o
cumulativamente due o più eventi).
Interviene l’ Avv. Claudia Lavalle
in materia di
“Tentativo e dolo eventuale: compatibilità
ed elaborazione giurisprudenziale con particolare riguardo alla sopravvenienza
“risolutiva” del dolo alternativo”.
Come noto, il tema della compatibilità del
delitto tentato ex art. 56 c.p. con il dolo eventuale e con il dolo diretto
nella forma del dolo alternativo è un tema di grande interesse sul quale il
Supremo Collegio, negli ultimi anni, si è più volte espresso attraverso una
molteplicità di pronunce giurisprudenziali.
Per sintesi, si procederà nella analisi
del tema attraverso il commento di due pronunce della Corte di Cassazione:
sent. n. 53400/2017 e sent. n. 43250/18.
Anzitutto, ferme le caratteristiche del
dolo eventuale, per comprendere se possa o meno integrare l’elemento
psicologico del delitto tentato è opportuno soffermarsi sulla struttura
oggettiva del delitto ex art. 56 c.p.: “compimento
di atti idonei diretti in modo non equivoco”.
- Nulla questio circa la “idoneità” degli atti.
- Problemi di interpretazione sono sorti,
invero, in materia di “non equivocità” degli atti.
La questione è divenuta di non secondaria
importanza di seguito all’intervento delle Sezioni Unite con la sentenza n.
38343/2014 - meglio nota come sentenza Tyssenkrup – attraverso la quale il
Supremo Collegio non solo ha cristallizzato il discrimen che intercorre tra dolo eventuale e colpa cosciente, ma
ha altresì chiarito che ai fini della sussistenza del dolo eventuale non è più
sufficiente che vi sia la “mera accettazione del rischio” del verificarsi
dell’evento, risultando invece dirimente la sussistenza di un particolare
atteggiamento psichico dell’agente che sia indice di una consapevole adesione
all’evento, per il caso che esso si verifichi, quale conseguenza non
direttamente voluta con la realizzazione della propria condotta.
In altri termini, è necessario che egli si
sia determinato ad “agire comunque” anche a costo di causare un evento
differente rispetto a quello desiderato.
Orbene, ci si è chiesti se tale adesione
da parte dell’agente potesse consentire di individuare un suo atteggiamento
psicologico ragionevolmente assimilabile alla “volontà”.
Sul punto, l’orientamento
giurisprudenziale – oltreché dottrinale – maggioritario, ha sancito che
ancorché in presenza di una “consapevole adesione” non si è al cospetto di una
“volontà” del soggetto integrante l’elemento psicologico del delitto ex art. 56
c.p., poiché è per converso necessario, avere riguardo “all’effettivo volere
dell’agente” ossia alla sua volontà univocamente orientata alla realizzazione
dell’evento.
Pertanto, se - avendo riguardo alla struttura
oggettiva del delitto tentato - la
condotta dell’agente deve essere univoca, il dolo eventuale, che si traduce in
una mera probabilità che si verifichi un evento, non è – e non può essere - compatibile con la fattispecie delittuosa ex
art. 56 c.p.
Ebbene, ciò posto, si analizza il tema
della sopravvenienza “risolutiva” del dolo alternativo, anche attraverso
l’analisi ed il commento delle su richiamate pronunce giurisprudenziali.
Il dolo diretto nella sua forma del dolo
alternativo è quel peculiare atteggiamento psicologico dell’agente risultante
dalla compresenza di due elementi strutturali:
- La sussistenza di più eventi tra loro
incompatibili che il soggetto agente si rappresenta e vuole;
- L’indifferenza per l’agente che si
verifichi alternativamente uno degli eventi.
Al riguardo sono sorte non poche
perplessità:
- La direzione degli atti verso più eventi
che sono tra loro “alternativi” ma con “pari probabilità di realizzazione”
implica che gli atti posti in essere siano parimenti idonei?
- Se gli eventi sono materialmente e
tipologicamente differenti oltreché incompatibili, come potrebbe la azione non
essere equivoca?
- Dunque, se la azione è equivoca verrebbe
meno, naturalmente, un elemento strutturale del delitto tentato.
Analisi delle sentenze n. 53400/2017 e n.
43250/18
Il dolo diretto nella forma del dolo
alternativo è compatibile con il delitto tentato poiché l’agente ha posto in
essere la condotta penalmente rilevante rappresentandosi entrambi gli eventi
come alternativamente probabili.
In altri termini, il soggetto prevede e
vuole con scelta sostanzialmente equipollente l’uno o l’altro degli eventi
causalmente ricollegabili alla propria condotta cosciente e volontaria (c.d.
dolo diretto alternativo).
Ne discende che già nel momento in cui
pone in essere la propria azione il
soggetto prevede e vuole alternativamente entrambi gli eventi come conseguenza
diretta della propria condotta.
“Il dolo diretto anche nella forma del dolo alternativo, che ricorre quando
il soggetto agente prevede e vuole indifferentemente due eventi alternativi
come conseguenza della sua condotta, è compatibile con il tentativo” (Cass. Pen., sent. n. 43250/18)
Focus-on sulle fattispecie oggetto delle
sentenze analizzate: compresenza dell’animus
laedendi e animus necandi.
In conclusione, il dolo eventuale non è
compatibile con delitto tentato ex art. 56 c.p. laddove vi è la sopravvenienza
“risolutiva” del dolo diretto nella forma del dolo alternativo.
L’Avv. Francesco Paolo Sisto prende parola tirando le fila di quanto esposto dai relatori e per
proporre un possibile caso, chiedendo, così, ai presenti, di ipotizzare la più
efficiente strategia difensiva.
Il nostro cliente accoltella un tizio in
un bar, all’anca e al braccio, per offrire una birra ad una ragazza. Poniamo,
per assurdo, che durante l’interrogatorio di garanzia, il nostro cliente non
possa avvalersi della facoltà di non rispondere. Lo stesso, risponde di
omicidio volontario.
Seguono dibattito e interventi a
chiarimento.
La verbalizzante
Avv. Giorgia di Savino
*SI RIBADISCE LA NATURA ASSOLUTAMENTE RISERVATA DEL PRESENTE VERBALE .