IL DIRITTO AL TEMPO DEL COVID

( APPROFONDIMENTI INTERDISCIPLINARI)  

“Studio FPS” del 31.3. 2020 

   

Novità in materia di Ricorso per Cassazione: “Generalia”, principio di autosufficienza e specificità, inammissibilità per manifesta infondatezza.

 

Relatore: Avv. Nicola De Fuoco

Interviene: Avv. Alessandra Tamburrano

 

Analisi delle sentenze:

-   Cass. pen. n. 54223 del 2018;

-   Cass. pen. n. 50738 del 2019;

-   Cass. pen. n. 9066 del 2020.

Il ricorso per cassazione nel processo penale è sicuramente il mezzo di impugnazione di  più difficile redazione tra quelli previsti e disciplinati dal codice di rito.

Non è un caso che- per unanime convinzione degli addetti ai lavori- la Suprema Corte, prima di giudicare la sentenza, giudica il ricorso che è, da un lato, lo strumento della conoscenza primaria della vicenda processuale, dall'altro il terreno sul quale viene tracciato l'effetto devolutivo del giudizio.

L'avvocato, prima di iniziare la redazione di un ricorso, deve identificare il vizio contenuto nel provvedimento impugnato; tale obiettivo può essere raggiunto attraverso la lettura e la rilettura della sentenza gravata, al punto da metabolizzarne il suo contenuto.

Non va dimenticato che il giudizio di cassazione è un giudizio sul giudizio; quindi non c'è, né deve esserci spazio per l'emotività del processo di merito.

Per essere sicuri che il giudizio nomofilattico produca concretamente i suoi effetti, l'avvocato, nella stesura dell'atto, dovrà ricercare il vizio in base ad un'attività ideativa fondata su due criteri-guida: quello della decisività della questione ai fini dell'annullamento della sentenza, e quello della non manifesta infondatezza dei motivi.

Tali criteri dovranno essere successivamente sviluppati lungo i binari della specificità e dell'autosufficienza dei motivi di ricorso, unitamente ad elementi non meno importanti ai fini del confezionamento dell'atto, quali la qualità della sintassi lessicale e logico-giuridica e la fluidità concettuale.

Punto di partenza per la redazione di un buon ricorso è lo studio degli atti processuali, in particolare, dei motivi di appello; un ricorso nasce già morto quando si fondi su di una doglianza proposta per la prima volta in sede di legittimità, tranne i  casi di vizi processuali    rilevabili di ufficio e in ogni stato e grado del procedimento ( nullità e/o inutilizzabilità ex art. 606, lett. c) c.p.p. ).

L'idoneità dell'atto dipende dalla decisività del motivo; il motivo diventa decisivo quando travolge tutte le ragioni ( ognuna da sola sufficiente ) esibite dalla motivazione del provvedimento impugnato.

Il dato non è di poco conto, attesa la moltitudine di trappole, talune mortali, che possono pregiudicare irrimediabilmente il giudizio di legittimità ancor prima della sua instaurazione.

E' il caso del cosiddetto “ricorso cumulativo” e/o promiscuo, in cui si denunziano tutti insieme vizi di inosservanza, erronea applicazione della legge penale, mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione.

Tale modo di procedere rende i motivi di ricorso privi del requisito formale della “specificità”, prescritto dall'art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), e sanzionato a pena di inammissibilità dall'art. 591 c.p.p.; in questo caso, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha fissato il princìpio di diritto secondo il quale “è inammissibile il ricorso nel quale siano prospettati vizi di motivazione, se i motivi siano enunciati in forma perplessa o alternativa, essendo onere del ricorrente specificare con precisione se le censure siano riferite alla mancanza, alla contraddittorietà od alla manifesta illogicità, che vanno indicati specificamente in relazione alle parti della motivazione oggetto di gravame” ( ex multis, Cass. Pen. Sez. III 9735/2020).

Tanto perchè, non può essere il giudice di legittimità gravato dell'onere di distillare " dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio", ma deve essere il ricorrente ad argomentare la sussunzione della censura nella specifica previsione normativa.

Diversamente, a detta della Corte, la promiscua mescolanza dei motivi di ricorso, se cumulati e rubicati indistintamente, rende l'impugnazione assolutamente aspecifica.

L'estensione del ricorsio deve dunque muoversi lungo una linea tesa ad articolare gli argomenti a sostegno dei motivi, secondo il canone della decisività che dovrà essere sviluppato in maniera specifica e autosufficiente, ed espresso in forma chiara e sintetica.

Proprio in relazione a tale ultimo profilo ( quello dell'autosufficienza ), è bene precisare- giusta plurimi arresti della giurisprudenza sul punto- ( cfr. cass. Pen. Sez. III, n.9066/2020 ), che il richiamo di atti, documenti, verbali del processo deve essere oggetto di puntuale ed integrale allegazione ai motivi di gravame; tanto al fine di consentire al Giudice Supremo di riscontrare nell'immediatezza il dato probatorio e rendere, così, l'impugnazione completa ed autosufficiente.

Passando all'esame dei cosiddetti profili di inammissibilità del ricorso, va subito evidenziato che “lo sbarramento” di tale patologia dell'atto presenta molte facce, attesa la particolare tipologia della impugnazione di cui si parla, circondata da elevato tecnicismo.

Per inammissibilità si intende una sorta di constatazione della assenza dei presupposti di validità formale dell'atto ai particolari parametri legali ( estrema genericità dei motivi, manifesta infondatezza o proposizione di motivi non consentiti dalla legge ).

Il ricorso è viziato da genericità, ed è, quindi, inammissibile, quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata ( cfr. S.S.U.U. n. 8825/2016 ).

Ciò avviene quando il ricorrente non articola alcuna doglianza concreta, limitandosi a riprodurre massime di giurisprudenza senza adattarle al caso di specie, o ancora non si confronta con la sentenza impugnata, circoscrivendo il suo argomentare ad una sterile riproposizione dei motivi di appello.

Altra ipotesi è quella della inammissibilità del ricorso per motivi non consentiti dalla legge. E' una vera e propria trappola nella quale è facile incorrere e che solo la massima attenzione ed abilità dell'estensore consente di evitarla.

La problematica sottesa a tale causa di inammissibilità è essenzialmente correlata alla cosiddetta quota di discrezionalità interpretativa; non bisogna, infatti, dimenticare che la Corte di Cassazione giudica la motivazione e non la decisione della sentenza impugnata.

E' motivo, pertanto, di censura in cassazione, perchè non consentito dalla legge, quello in cui il ricorrente si profonde nello stimolare il giudice di legittimità alla rivalutazione di un elemento di prova tra più possibili ipotesi di attribuzione del valore dimostrativo, ovvero offrire al Giudicante una ricostruzione alternativa della vicenda più confacente alla propria linea difensiva, senza confrontarsi adeguatamente con l'impianto motivazionale del provvedimento impugnato.

Infine, il ricorso è dichiarato inammissibile se basato su motivi manifestamente infondati, ossia quando, ad un esame sommario del contenuto dell'atto, si palesa la inconsistenza delle censure introdotte dal ricorrente, quali ad esempio, quelle introdotte per la prima volta nel giudizio di cassazione e mai proposte nei precedenti giudizi di merito.

 

Concludendo su quanto sin qui illustrato, il ricorso per cassazione è fondato e quindi “coglie nel segno”, solo se “aggredisce” il cuore della motivazione del provvedimento impugnato; ossia, se una volta tirate le somme del ragionamento del giudice di merito:

·       il discorso non torna, perchè la conclusione non è coerente con la premessa ( c.d. deficit di coerenza interna);

·       il discorso non torna, perchè il metodo con cui il giudice è pervenuto a quella conclusione è errato (deficit di giustificazione esterna).

Un buon atto di ricorso, quindi, non può non essere assistito dalla dovuta esperienza dell'estensore, attraverso una accurata redazione dell'atto, selezionando i motivi in aderenza al catalogo normativo, evidenziandone rilevanza e decisività.

Così facendo, l'atto acquista sicuramente credibilità, in quanto delimita il parametro devolutivo delle doglianze esposte e ne agevola la lettura da parte del Giudicante. Una chiara e agevole comprensione del ricorso è indice che l'obiettivo è stato centrato.

 

 

A conclusione della relazione, è intervenuta l’Avv. Alessandra Tamburrano fornendo il suo puntuale contributo a commento della sentenza della III sez. penale, n. 9375, del 9 marzo 2020, in tema di specificità e completezza dei motivi di ricorso.

 

Seguono dibattito e interventi a chiarimento.

 

 

La verbalizzante

Avv. Giorgia Di Savino

 

 

 

 

 

 

*SI RIBADISCE LA NATURA ASSOLUTAMENTE RISERVATA DEL PRESENTE VERBALE .