TARANTO. La morte del giovane pastore albanese Qamil Hvrai. ucciso da un proiettile il 6 aprile 2014 nelle campagne fra Torre Lapillo e Torre Castiglione, non fu un omicidio, ma un incidente. Lo ha stabilito la Corte d'assise d'appello di Taranto che ha accolto la tesi degli avvocati Roberto Eustachio Sisto e Francesca Conte. difensori dell'imprenditore agricolo Giuseppe Roi, 43enne di Porto Cesareo, condannato in primo e secondo grado come autore del delitto prima che la Cassazione annullasse con rinvio la sentenza.
Il procedimento è finito così dinanzi alla Corte ionica presieduta da Giovanna de Scisciolo e a latere Ugo Bassi, che ha derubricato l'originaria accusa di omicidio volontario in omicidio colposo e contemporaneamente ha dichiarato la prescrizione del reato.
Quel giorno di aprile di dieci anni fa, fu ritrovato il cadavere del giovane pastore: sotto inchiesta finì il suo datore di lavoro, Giuseppe Rori, proprietario di un'azienda agricola e accusato di avere sparato due colpi di pistola ad altezza d'uomo, uno dei quali si rivelò fatale. Il primo, come rivelato dai rilievi balistici effettuati, avrebbe trapassato un frigorifero, richiamando «l'attenzione» di Evrai che, in quel momento, stava guardando il gregge.
Il ragazzo si sarebbe avvicinato per vedere ed è li che sarebbe stato raggiunto dal secondo colpo. Roi fini in carcere per alcuni mesi e poi ai domiciliari fino a quanto il Riesame sancì che si trattava di omicidio colposo. La procura leccese, tuttavia, contestò nuovamente l’accusa di omicidio volontario sostenendo che si era trattato di un gioco macabro per produrre divertimento, poi sfociato nel sangue, con la morte del giovane.
Roi fu quindi condannato in primo grado a 30 anni di carcere e al termine del processo di appello la pena fu ridotta a poco più di 21 anni. In quest’ultimo verdetto la Corte di assise di appello di Lecce riconobbe all’imputato il cosiddetto «dolo eventuale»: per i magistrati, infatti, il 43enne aveva sparato accettando il rischio di generare danni.
Una ricostruzione che la difesa ha scalfito in Cassazione spiegando che l’accusa era basata su congetture e sospetti, privi di fondamento e che al massimo quella vicenda doveva essere inquadrata come un tragico incidente. Gli avvocati Sisto e Conte hanno così ottenuto, come detto, l’annullamento con rinvio alla corte tarantina per un nuovo processo di appello che ieri si è chiuso con l’accoglimento della tesi difensiva. Un vero e proprio colpo di scena nel lungo procedimento giudiziario che vede protagonista il 43enne salentino e che ora ha accertato che Qamil Hyraj è morto per una tragica fatalità.
«La corte di assise di appello di Taranto - hanno dichiarato gli avvocati Roberto Eustachio Sisto e Francesca Conte in linea con quanto già affermato dalla Corte di Cassazione che aveva annullato con rinvio la sentenza di condanna a 21 anni (emessa dalla Corte di Assise di appello di Lecce), ha correttamente ritenuto che la vicenda che vede imputato Giuseppe Roi sia stata una tragica fatalità e non un omicidio volontario. Un riconoscimento che sotto il profilo giuridico restituisce a questa storia, pur nella sua drammaticità, la sua naturale collocazione. Non possiamo ovviamente nascondere - hanno aggiunto i difensori - la grande soddisfazione professionale».
Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno